Tutti i diritti riservati
Reazioni dello Stato e delle imprese Italiane
Considerando i rarissimi casi in cui la Corte ha sovvertito il parere degli
avvocati generali, le reazioni dello Stato italiano dopo il deposito delle prime
conclusioni sono state allarmistiche. Tenendo conto del gettito annuale dell’IRAP di
oltre 30 miliardi di euro ed in base all’art. 38 del D.P.R. 602/1973, che prevede
la possibilità in caso di inesistenza totale dell’obbligo di versamento di
richiedere a rimborso l’imposta versata direttamente nel termine decadenziale di 4
anni, il “buco” nei conti pubblici a cui lo stato avrebbe dovuto far fronte era
potenzialmente di 120 miliardi di euro. Pertanto il governo italiano
chiese che se l’IRAP fosse stata dichiarata incompatibile, gli effetti della sentenza
potessero essere limitati nel tempo. L’allora ministro dell’economia del governo
Berlusconi, Domenico Siniscalco, il 29 marzo 2005 dichiarò che il gettito dell’IRAP
sarebbe stato sostituito in parte con tagli di spese ed in parte con altre forme di
prelievo non nocive per la competitività, aggiungendo inoltre “che finalmente” tale
imposta stava per essere dichiarata illegittima. Tale situazione aveva prodotto
una stato di incertezza tra le imprese ed in generale fra i contribuenti italiani:
in primo luogo erano aumentati in maniera esponenziale i ricorsi presso le
commissioni tributarie oltrepassando la soglia di 140.000; ed in secondo luogo
circa l’autoassoggettamento all’IRAP vi erano tre possibili alternative: dichiarare
e versare l’imposta e successivamente richiederne il rimborso; dichiararla e non
versarla; oppure non presentare la dichiarazione IRAP e non procedere ad alcun
versamento. Proprio a tal riguardo il governo italiano ha emesso, sia nel 2005 che
nel 2006 in prossimità della scadenza per il versamento delle imposte, un decreto
ad hoc che impendiva di potersi avvalere del ravvedimento operoso, ovvero di
quell’istituto che permette di regolarizzare gli omessi versamenti nel termine di
un anno con il pagamento di sanzioni ridotte.
Sentenza della Corte
Il 3 ottobre 2006, mentre in Italia era da qualche mese in carica il secondo governo
Prodi, la Corte, disattendendo le conclusioni degli avvocati generali, ha risolto la
questione pregiudiziale dichiarando che l’IRAP è compatibile con il sistema
comunitario. Delle quattro caratteristiche essenziali dell’IVA (vedi sopra il
commento alle Conclusioni dell'avvocato generale F.G. Jacobs) la Corte ne ha
analizzate due, ovvero: la proporzionalità rispetto al prezzo dei beni o servizi
scambiati; e gravante sul valore aggiunto ai beni e ai servizi ed a carico del
consumatore finale. L’IRAP, afferma la Corte, non deve essere considerata
proporzionale al prezzo dei beni o dei servizi forniti in quanto la base imponibile
(valore della produzione netta) comprende elementi, quali le variazioni delle
rimanenze o gli ammortamenti e le svalutazioni, che non hanno un rapporto diretto
con le forniture di beni e servizi. Inoltre l’IRAP, aggiunge la Corte, non grava
unicamente sul consumatore finale in quanto non tutti i soggetti passivi del tributo
sono in condizione di poter trasferire il carico dell’imposta o di trasferirlo nella
sua interezza.
|