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Base imponibile dell’IRAP - Esempio di calcolo
Bilancio di un’impresa commerciale (Società X che non effettua importazioni ed
esportazioni): Conto Economico - Ricavi delle vendite 500.000 = Valore della
produzione 500.000. Costi per merci 150.000 + Costi per servizi 50.000 + Costi
per godimento beni di terzi 40.000 + Costi per il personale 100.000 + Ammortamenti
15.000 + Oneri diversi di gestione 10.000 = Costi della produzione
365.000. Differenza tra valore e costi di prod. 135.000. Il valore della
produzione netta, ai fini IRAP, sarà 235.000 in quanto non sono deducibili i costi
del personale (100.000). Base imponibile IRAP 235.000 x 4,25% = 10.000 circa di
tassazione finale.
- Imposta sul Valore Aggiunto
In attuazione del principio di armonizzazione delle imposte sugli scambi e sui
consumi previsto dall’art. 93 del Trattato CE, sono state emanate diverse Direttive,
di cui la principale è la Sesta del 1977 n. 77/388/CEE, che hanno stabilito che la
Comunità Europea adottava l’IVA come imposta comune sulla cifra d’affari (o volume
delle vendite) fissandone i principi e le regole fondamentali.
Proprio per evitare che gli stati membri applichino imposte o tasse che sfuggano
all’armonizzazione considerata necessaria per il mercato interno, l’art. 33 della
sopra citata Sesta Direttiva prevede:
«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle
vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la
circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della
presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte
sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise,
imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non
abbia il carattere di imposta sulla cifra d’affari, sempreché tuttavia tale imposta,
diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse
con il passaggio di una frontiera», vietando sostanzialmente agli Stati membri
di introdurre o mantenere imposte che gravino sulla circolazione dei beni e dei
servizi e colpiscano i negozi commerciali in modo analogo all’IVA. In Italia
l’IVA è stata istituita l’1/1/1973 dal D.P.R. 633/1972 che ha previsto la
soppressione dell’Ige (Imposta generale sull’entrata), ed a differenza di questa
che colpiva l’intero valore del bene ad ogni scambio (“imposta plurifase a cascata”),
l’Iva si applica solo sul valore aggiunto in ogni fase del processo produttivo e
distributivo.
Il meccanismo dei versamenti frazionati con detrazione imposta da imposta assicura
infatti la neutralità del tributo negli scambi tra i soggetti d’imposta e determina
un effettivo prelievo di ricchezza a favore dell’erario soltanto a carico del
consumatore finale del bene cui è preclusa l’ulteriore rivalsa. L’art. 1 del D.P.R.
633/72 “l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le
prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di
imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque
effettuate”, identifica le tre condizioni che devono essere soddisfatte
contemporaneamente affinchè avvenga l’assoggettamento all’IVA:
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