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Gravante sul valore aggiunto ai beni o servizi forniti

Anche qui si condividono le conclusioni, come meglio spiegato sopra nel paragrafo “Similitudini/differenze fra le due imposte” dove con l’esempio esposto si dimostra che entrambe colpiscono il valore aggiunto prodotto. L’eccezione mossa dal governo italiano, è pero qui più fondata di quanto invece non venga presa nella giusta considerazione dall’avv. gen. al punto 50/54. Può accadere, e accade di frequente con alcune categorie di attività che si vengono a trovare fisiologicamente a credito d’IVA, che lo Stato rimborsi la stessa. Questo non può succedere con l’IRAP, in quanto nel caso in cui in un determinato periodo d’imposta si vengano ad avere più costi rispetto ai ricavi, la base imponibile sarebbe zero e non ci sarebbe l’opportunità, come avviene invece ai fini IRES, di riportare in avanti la perdita.

Applicata ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione

L’IRAP è sicuramente applicata ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione, ed anzi il campo di applicazione sembrerebbe sotto questo punto di vista più generale ed ampio dell’IVA. Infatti la platea dei soggetti passivi dell’IRAP è più ampia rispetto all’IVA; essendovi ricompresi ad esempio gli Organi e le Amministrazioni dello Stato le cui attività istituzionali sono invece Fuori Campo di applicazione dell’IVA.

Proporzionale al prezzo dei beni o servizi, qualunque sia il numero di operazioni

Non si condividono le osservazioni dell’avvocato generale su questo punto. Mentre l’ammontare dell’IVA è sempre determinabile in ciascun passaggio del bene o del servizio anche perchè specificato nei documenti contabili (fatture) ed è proporzionale al prezzo applicato, nell’IRAP invece, questa proporzionalità non è assolutamente dimostrata e forse dimostrabile primo perchè le variabili che entrano in gioco in questo calcolo sono troppe e complesse e quindi si potrebbe giungere a risultati differenti anche nel confronto tra due imprese simili che svolgono la stessa attività (ad. esempio una delle due imprese potrebbe acquisire esternamente un servizio di lavorazione di una determinata “materia prima” invece di effettuare tale lavorazione internamente con propri dipendenti (non deducibili), ottenendo in questo modo una tassazione IRAP differente), e secondo perchè il fatto di ricomprendere tale imposta nel prezzo praticato rientra nei calcoli discrezionali di ciascun imprenditore che potrebbe trasferire o non trasferire del tutto il tributo subito. Rimane pertanto apodittica l’affermazione “..per quanto riguarda la realtà economica, l’onere di un’imposta riscossa in ciascuna fase di una catena commerciale sarà in genere trasferito lungo la catena stessa”. Il dott. F.G. Jacobs conclude che un’imposta quale l’IRAP presenta le caratteristiche sostanziali dell’IVA ed è pertanto incompatibile con il diritto comunitario. Tuttavia, aggiunge, che gli effetti della pronuncia della Corte dovrebbero essere soggetti ad una limitazione nel tempo, con riferimento a una data che dovrà essere fissata dalla Corte stessa.

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